speciale vampiri.

mini-intervista a virginia de winter.

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    1. Hai scritto sui vampiri che in questo periodo è diventata una vera e propria tendenza nella letteratura. Come scrittrice quali tendenze vedi per il futuro? C'è un genere diverso su cui ti piacerebbe scrivere?

    In realtà ho cominciato a scrivere sui vampiri in tempi in cui noi appassionati del genere dovevamo cercare libri all’estero oppure ringraziare qualche lungimirante editore italiano che pubblicava qualcosa, poi ho impiegato un’eternità a scriverlo (il termine mi pare adatto!) e Black Friars alla fine è uscito in piena “tempesta di sangue”. Continuo a dire che è una moda esplosa in Italia da qualche anno, ma che si colloca in una sottocultura di grandi appassionati che esiste da sempre. Mi spiego meglio: Intervista col Vampiro è stato pubblicato nel 1976 e da allora, l’icona di questo genere letterario, la grandissima Anne Rice, ha continuato regolarmente a pubblicare le sue Cronache, tanto per parlare dell’esempio più noto. Quanto al futuro, aspetto con la stessa curiosità degli altri lettori, penso però che ci si assesterà su un genere paranormal e romance più rivolto a un pubblico di adulti, soprattutto donne, consumatori di libri che finalmente cominciano a trovare vasta scelta dove una volta era veramente limitata. I generi su cui mi piacerebbe scrivere sono parecchi e lo steampunk mi ha sempre attirato molto. Ho un paio di progetti da parte, diversi dal genere di Black Friars, e che mi piacerebbe portare a completamento, ma per ora devono aspettare e riposare!


    2. Perché hai scelto di scrivere sui non-morti? Cosa ti attrae di questi esseri sovrannaturali?

    La risposta è che mi attrae tutto, il fatto che siano a immagine e somiglianza degli uomini ma, per molti versi, un gradino più in alto nella scala evolutiva e, allo stesso tempo, vulnerabili a cose semplici come la luce solare, l’acqua benedetta, le croci – tutti oggetti che non intaccherebbero mai un umano per quanto malvagio come se per principio tra l’una e l’altra razza ci fosse una contrapposizione divino/maligno. Tutte le contraddizioni della loro natura, il bisogno di nutrirsi di sangue che li lega, inscindibilmente, all’esistenza degli esseri viventi quando loro si trovano in uno stadio tra essi e la morte, hanno sempre suscitato in me quel genere di riflessioni che poi scaturiscono nell’ideazione di una storia o di una parte di essa.


    3. A quali romanzi di vampiri ti sei ispirata e quali altri autori di questo genere consigli? Cosa rende il tuo personaggio peculiare in questo periodo di "inflazionamento" della figura del vampiro?

    Che cosa renda i miei vampiri diversi dagli altri devono dirlo i lettori. Per quanto mi riguarda, direi nulla, nel senso che ho voluto rifarmi alla versione più classica del vampiro – come creatura che non può convivere con la luce solare e con gli oggetti consacrati e che si nutre di sangue umano. Anne Rice – si sarà capito dal fatto che la nomino in continuazione – è la mia icona sacra del genere, non solo per via della figura del vampiro che ha creato, la più raffinata nel suo genere, ma anche per il suo stile di scrittura. Consiglierei soprattutto, per un esercizio anche divertente di reminiscenze, di andare a cercare i vecchissimi racconti sui vampiri scritti da Polidori (famosissimo, unico nel suo genere con quella sua ispirazione a Lord Byron), ma anche dai nostri Capuana e Salgari e “La morta innamorata” di Gautier, assolutamente adorabile.



    fonte: greenyellowale.blogspot
     
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